Il Paradosso Agonistico è un incastro psicologico senza apparente via di uscita, in cui l’atleta rimane invischiato e per via del quale non riesce più ad esprimersi al suo meglio. Se la situazione si protrae nel tempo, le prestazioni subiscono un calo drastico e la frustrazione che ne deriva può anche portare all’abbandono agonistico. Ciò che li accomuna è la sensazione di impotenza che progressivamente fragilizza l’atleta e che gli impedisce di uscirne in tempi brevi.
Il Paradosso dell’Esordiente
Il paradosso dell’ esordiente si verifica quando un giovane atleta sa di essere potenzialmente molto forte, ma proprio questa consapevolezza genera in lui un’ansia inconscia così intensa da impedirgli di arrivare sul podio. Proviamo a figurarci davanti agli occhi la coppa che tanto abbiamo desiderato vincere, ma proprio mentre allunghiamo la mano la paura di poterla forse perdere ci confonde le idee e ci annebbia la vista: la vittoria inevitabilmente sfuma. L’incastro del paradosso è proprio questo: più si desidera di raggiungere l’obiettivo e maggiormente si attiva l’ansia, di intensità proporzionale all’avvicinarsi al premio.
Il Paradosso Post-Olimpico
Esiste un altro paradosso, che potremmo chiamare paradosso post olimpico e che colpisce spesso i campioni olimpici. Il pensiero logico-deduttivo indurrebbe a pensare che vincere la gara più ambita e sognata sia di una portata emotiva tale da aumentare l’autostima dell’atleta per anni o almeno per tutto il successivo quadriennio olimpico. Tuttavia, tale ragionamento spesso è fuorviante. Capita con un’incidenza molto rilevante, che proprio nella stagione post olimpica il campione in carica sia molto più ansioso e insicuro. E se ciò accade, significa che l’atleta è caduto nella trappola di un paradosso mentale.
L’ossessione della vittoria
La medaglia d’oro è il coronamento un lavoro molto intenso, a volte totalizzante e porta con sé un impatto mediatico tanto forte da diventare spesso una delle cause scatenanti dell’incastro mentale. L’Io dell’atleta diventando potente crea aspettative interne molto alte. Si potrebbe pensare che, finalmente riconosciuto nel suo valore assoluto, da quel momento collezionerà numerosi successi, che la sua strada sia insomma in discesa o quanto meno più semplice. Ma proprio quel grande successo impedisce di confermarsi nella stagione successiva. La vittoria diventa un’ossessione: arrivare primi per provare e riprovare quella sensazione di potere interno dato dall’oro olimpico. Si crea una sorta di dipendenza e a ogni gara l’atleta sembra essere in crisi di astinenza, con il pensiero spostato nel futuro, sul desiderio spasmodico del risultato. Ma sappiamo bene che la prestazione si ottiene rimanendo nel presente, focalizzati sul qui ed ora.
Tornare in equilibrio
Tornare in equilibrio mentale dopo lo shock emotivo positivo e gratificante di un’Olimpiade non è facile né veloce, tanto che spessissimo gli sportivi si prendono un anno sabbatico. Altri invece non riescono a motivarsi o peggio si infortunano. Un bravo Mental Trainer deve tenere conto di tutto questo e aiutare gli atleti, attraverso strumenti mentali specifici della psicologia dello sport, a uscire dai paradossi agonistici, che a volte trasformano sportivi talentuosi in atleti mediocri e mal funzionanti. Per uno sportivo sprecare il proprio talento equivale alla mancanza di talento!