FLOW: come si allena e come si misura

L’espressione “to be in the zone” è diventata parte del linguaggio comune degli sportivi. Si riferisce a un concetto che gli americani chiamano anche “to be in the boubble” e gli atleti in genere “trance agonistica”. Gli psicologi dello sport invece lo definiscono FLOW. E ora vi raccontiamo che cosa è.

Il Flow è uno stato di coscienza, difficile da descrivere a parole e meraviglioso da sperimentare. Questo stato magico si sviluppa a partire da un completo coinvolgimento e un senso di totale controllo delle azioni che l’atleta sta compiendo e la concentrazione perfetta. Tutto sembra diventare automatico e semplice. Il nuotatore diventa tutt’uno con l’acqua, il playmaker vede tutto il campo, sa dove sono i suoi compagni, anticipa i loro movimenti e quelli degli avversari per consegnare l’assist perfetto.

Il tempo non esiste più: si dilata o si contrae, scorre armonico insieme al gesto tecnico.


“La mia visione dell’ambiente era accurata a 360°, riuscivo a percepire ogni dettaglio. Alcune giocate avvenivano in modo automatico e naturale come se non avessi bisogno di pensare o elaborare troppo”.

D.G.

Questione di Equilibrio

Il flow è la condizione che porta alla prestazione eccellente e siamo sicuri che l’abbiate provato tutti almeno una volta, in quella che ricordate come la vostra migliore gara o partita.
La probabilità di entrare in Flow aumenta esponenzialmente quando l’atleta sperimenta il massimo equilibrio tra il senso di sfida e la percezione di esserne all’altezza. Questo equilibrio è fondamentale, perchè, viceversa, se le abilità sono maggiori del carico di lavoro richiesto, subentra la condizione di noia, mentre se sono inferiori si producono stress, ansia e frustrazione.

Se la performance non viene percepita come una minaccia, ma come una sfida, si attivano tutte le componenti mentali, la concentrazione è al massimo e ci si immerge nell’azione che si sta compiendo. Questa condizione ottimale determina un flusso dinamico di energia mentale che ottimizza le potenzialità individuali determinando la migliore prestazione.


“Ma non mi sentivo spaventata, ero felice, ero carica, adrenalinica e poi ho pensato: poi ho pensato: ora è il mio momento, vai. Li ho spento tutto, ho accelerato, ho superato, ho cancellato tutto ciò che mi circondava. Davanti agli occhi avevo solo l’arrivo e nelle orecchie il rumore del mio respiro e del mio cuore accelerati. 
Lì, a 150 metri dall’arrivo, ho avuto la certezza che avrei vinto. Lo sapevo semplicemente”.

A.T.

Ciò che accumuna le descrizioni di Flow, al di là delle discipline sportive praticate, delle diverse categorie di campionato, è sempre la sensazione di piacere, felicità e soddisfazione per la prestazione messa in campo.

Come si allena il Flow?

La grande notizia è che il Flow è allenabile! Non è un evento raro, possiamo ricreare le condizioni per entrare quasi a comando in the zone lavorando sui fattori individuali che lo predispongono, imparando a gestire gli stimoli ambientali in cui siamo immersi. Si utilizzano tecniche di mental training che vengono prima apprese e ottimizzate in studio con i mental trainer e poi vengono trasferite sul campo. Self-Talk, Routine di attivazione e di reazione all’errore, tecniche di gestione dell’ansia e di concentrazione sono alcune delle tecniche più usate.

Misurare il Flow

Per misurare il Flow esiste un test, la Flow State Scale di Jackson e Marsch, tradotta e adattata da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello SPort nei primi anni 2000. I nostri atleti la compilano dopo una prestazione eccellente e poi insieme al mental trainer analizzano i risultati per capire quali sono stati i fattori che lo hanno favorito e quelli invece che magari lo hanno inibito. Questi fattori variano per ogni singolo atleta e ciò che è ottimale per alcuni può essere problematico per altri. Con il tempo gli atleti imparano a conoscere i meccanismi più adatti a loro e riescono a entrare in Flow sempre più spesso.

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