Con queste parole Andrea Fredella, allenatore di calcio e psicologo dello sport certificato da MAPS – Master in Psicologia dello Sport Centro Studi, presenta il suo libro “A Scuola di Calcio” (Erickson).
Scritto in collaborazione con Gian Marco Mazzocchi, il volume vuole promuovere la ricerca di una maggiore consapevolezza: «Anche nelle grandi squadre di Serie A, i mister risultano spesso molto esperti, ma molto poco consapevoli: perché si fa un determinato esercizio? Cosa sviluppa?».
Continua Andrea: «chi allena deve tenere conto del fatto che chi gioca, lo fa innanzitutto per passione ed entusiasmo, ma che, poi, il calcio non è solo un gioco: è uno strumento per trasmettere valori formativi e cognitivi fondamentali. C’è il fisico, c’è il campo, ma c’è anche la psiche, l’autostima, i rapporti che si creano in spogliatoio. Le relazioni tra bambini devono essere indirizzate in maniera tale da riconoscere e valorizzare i ruoli. Per esempio, se si sta vivendo un momento teso, si può lasciar spazio al bambino-umorista, affinché stemperi l’atmosfera. Ma ancora, una squadra, come qualsiasi gruppo sociale, prevede rapporti bambino-adulto: il mister non è un estraneo, ma non è nemmeno un amico, ed è importante che i ragazzi riconoscano questa differenza».
Tra esempi pratici su come comunicare (sempre guardando il team e mai il singolo) e su come gestire le convocazioni (con chiarezza e facendo leva sulla meritocrazia), Fredella delinea le linee guida per migliorare la gestione dei ragazzi: «Alcuni di loro saranno un giorno campioni, e sarà fondamentale ciò che gli avremo insegnato. Penso ad esempio a come gestire l’errore, così che non si sviluppi un blocco, come capita anche ai grandi nomi della Serie A (quindi sicuramente non urlando contro a chi sbaglia, come spesso accade), ma anche all’incentivare la produzione di dopamina, perché “giocare per divertirsi” non sia un luogo comune ma un effettivo stimolo per maggior attenzione e motivazione».
Non meno importante, infine, secondo lo psicologo e formatore, l’uso di esercizi pratici che sviluppino competenze cognitive: «Studi scientifici dimostrano che queste funzioni sono più sviluppate nei calciatori di élite, quindi non possiamo non tenerne conto: gli allenamenti non si possono fare per imitazione da internet o per sentito dire, ma con la consapevolezza che vanno a lavorare su alcuni aspetti piuttosto che altri: la rapidità di movimento tra attacco e difesa, ma anche la memoria di lavoro, ovvero il ricordare dove sono i compagni, dov’è la palla, e prevederne le mosse».